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LINEE GUIDA DI COLTIVAZIONE pt.1
guida di coltivazione

La coltivazione del grano duro in un sistema aziendale di produzione biologica è quella che soddisfa al meglio gli aspetti peculiari dell’agricoltura biologica basati sul mantenimento e incremento della fertilità del suolo, sull’adozione di rotazioni pluriennali delle colture, sulla scelta delle specie e delle varietà, sul riutilizzo delle materie organiche e l’adozione di tecniche colturali semplificate a basso impatto ambientale. Grazie soprattutto al settore della ricerca, in questi ultimi anni sono stati sperimentati modelli produttivi di coltivazione biologica, in grado di conseguire migliori produzioni cerealicole in termini quantitativi e qualitativi. (Questo articolo è un estratto pubblicato da iamb.it).

Esigenze Ambientali

Il grano duro si adatta meglio agli ambienti aridi e caldi, dove consegue le migliori performance qualitative. Mal si adatta, agli ambienti con umidità eccessiva e freddi, perché poco resistente, infatti, riduzioni di temperatura in corrispondenza delle prime fasi vegetative o durante la fase di fioritura influenzano negativamente le rese produttive. Influenze negative si hanno anche con temperature elevate in fase di riempimento delle cariossidi. Precipitazioni medie annue di 600 mm sono sufficienti per la coltivazione del grano, purché ben distribuite nell’arco del ciclo colturale. Riguardo alle esigenze pedologiche, i terreni tendenzialmente argillosi, profondi, dotati di buona capacità idrica, risultano essere quelli più idonei alla coltivazione; di contro, terreni sciolti o male strutturati, favoriscono i ristagni idrici e inducono una crescita stentata delle piante con effetti negativi sulla produttività.

Scelta delle sementi

La coltivazione biologica del grano duro richiede l’uso di sementi biologiche. 

Tuttavia in caso di mancata disponibilità di sementi della varietà prescelta e qualora si dimostri che:

  • nessuna varietà della specie che l’utilizzatore vuole coltivare, è registrata nella banca dati dell’ENSE (Ente Nazionale Sementi Elette), a cui spetta la funzione di tenuta e aggiornamento della banca dati delle sementi biologiche;
  • nessun fornitore è in grado di consegnare le sementi prima della semina, nonostante il cerealicoltore le abbia ordinate in tempo utile;
  • la varietà che il cerealicoltore vuole ottenere non è registrata nella banca dati, e si dimostra che nessuna delle varietà alternative della stessa specie registrate nella banca dati è adatta e che l’autorizzazione è quindi importante per la sua produzione.

L’agricoltore può chiedere la deroga ad utilizzare sementi non biologiche, a condizione che:

  • non siano state trattate con prodotti fitosanitari non ammessi nell’Allegato II del Reg. CE 889/08;
  • non si tratti di materiale geneticamente modificato.

La deroga viene richiesta all’ENSE, compilando un modulo reperibile sul sito dello stesso ente che deve essere inviato almeno 30 giorni prima della semina. In caso di concessione di deroga è preferibile utilizzare semente “certificata”, che svincola il cerealicoltore da eventuali trattamenti di concia e assicura alla coltura una condizione di maggiore competitività. Il regime di deroga e il suo funzionamento sono ultimamente all’attenzione dei legislatori, pertanto la procedura di richiesta delle deroghe può subire modifiche.

Scelta varietale e qualità

La scelta della varietà da coltivare, costituisce per il granicoltore un aspetto fondamentale. La scelta non è solo rivolta a realizzare una aumento di resa produttiva, ma anche e soprattutto ottenere una granella che soddisfi l’industria di trasformazione, che richiede semole adatte alla produzione di pasta, principale destinazione della granella. L’attitudine alla trasformazione è determinata dal contenuto e dalla composizione proteica, che a sua volta dipende dalla disponibilità di azoto nel terreno durante la coltivazione del cereale e dalla sua capacità di assimilare e traslocare gli assimilati nella cariosside. Inoltre la scelta varietale deve ricadere su varietà che abbiano capacità di adattamento e resistenza alle condizioni ambientali di coltivazione e che presentino caratteristiche agronomiche tali da richiedere un fabbisogno di input esterni ridotti o nulli.

Tabella 1
Caratteristiche Criteri di scelta
 Rusticità Capacità della varietà di mantenere stabile e costante nel tempo le caratteristiche qualitative del prodotto in funzione dell’ambiente di coltivazione.
Produttività In molti casi coltivare varietà più esigenti, in quanto più produttive, risulta di difficile applicazione perché questo aspetto spesso è in contrasto con la qualità del prodotto.
 Qualità nutrizionale e tecnologica (industriale) Elevato peso ettolitrico, alto contenuto proteico e qualità delle proteine, influiscono positivamente sul valore nutrizionale, sulla durezza delle cariossidi, sull’attitudine alla trasformazione della pasta e del suo colore, che deve essere di un bel colore giallo, trasparente, dotata di un buon comportamento alla cottura per quanto attiene: elasticità, collosità e resistenza, caratteristiche queste, richieste dall’industria di trasformazione.
 Resistenza alle malattie fungine Nel corso di questi anni sono state selezionate varietà che presentano diversi gradi di resistenza/tolleranza ai patogeni fungini, in particolare a: oidio, ruggini e septoriosi.
 Accestimento Varietà con ridotte capacità di accestimento, risultano utili per compensare le ridotte disponibilità nutritive disponibili alla pianta, e conseguire una produzione quantitativa e qualitativa soddisfacente. Di contro, nella semina autunnale, una varietà con buona capacità di accestimento, compensa le perdite dovute a ridotto investimento o a mancata germinazione della granella, per anomalie che si verificano alla semina.
 Resistenza all’allettamento Con la riduzione degli input energetici si consegue una riduzione della taglia pertanto è possibile, previa una attenta valutazione, allevare genotipi a taglia più elevata che presentano maggiore resistenza o tolleranza a stress termici e idrici, maggiore competizione con le infestanti e migliore contenuto proteico della granella.

Indicazioni sulla scelta delle varietà di grano duro da coltivare in biologico nel meridione, possono essere acquisite da prove di confronto eseguite nell’ambito del progetto «BIOCER – Cerealicoltura biologica: interventi agrotecnici e genetici per il miglioramento quanti-qualitativo del frumento duro e tenero e la valorizzazione dei prodotti derivati.» Progetto finanziato dal Mipaf, che da alcuni anni ha istituito una Rete nazionale di confronto tra varietà di grano duro in coltivazione biologica. Obiettivi del progetto BIOCER sono stati:

  • individuare varietà caratterizzate da adattamento a condizioni di scarso azoto, con buone capacità di accumulare e rilocare azoto e sostanza secca nella granella;
  • ottenere un’elevata tolleranza nei confronti di stress biotici, in particolare fitopatie e competizione con le infestanti;
  • ottenere produzioni con buoni standard qualitativi, merceologici e sanitari.

Tra le varietà di frumento duro, messe a confronto nella stazione sperimentale di cerealicoltura della sezione di Foggia, possono essere prese in considerazioni per le buone performance produttive, le seguenti varietà: Duilio, Ciccio, Svevo e Karalis a ciclo precoce o medio precoce e Vendetta a ciclo medio. Le produzioni medie conseguite vanno sulle 4 ton/ha con indici di media superiore a 100; dal punto di vista della qualità merceologica il contenuto proteico è in media del 13,3% sulla sostanza secca, superiore alla soglia minima di11,5%; il peso ettolitrico conseguito è risultato in media elevato per le varietà esaminate nelle aree meridionali con valori oltre 80 kg/hl. Per una più ampia ed esaustiva informazione si rimanda alla tabella 2 allegata

Tecniche Agronomiche

Avvicendamento

E’ la tecnica colturale, che programma la successione delle colture da praticare sullo stesso terreno, in funzione degli effetti che ciascuna coltura esplica sulla fertilità del terreno. L’avvicendamento colturale, assume importanza fondamentale per assicurare il mantenimento della fertilità globale del terreno e assicurare i fabbisogni principali del grano duro, specie dotata di notevole rusticità. Molte esperienze hanno messo in risalto come, la coltivazione del grano successiva a quella di una leguminosa (trifoglio, fava, favino, veccia, ecc.) consegue una produzione più elevata, dovuta alla maggiore disponibilità di azoto organico lasciato dalle leguminose, che sono specie in grado di fissare l’azoto atmosferico nelle proprie radici trasformandolo in organico. Al contrario è sconsigliabile praticare la monosuccessione o il ristoppio, cioè la coltivazione di grano successiva a se stessa per più anni o anche di un solo anno (ringrano), per gli effetti negativi che si conseguono in termini sia di riduzione della resa produttiva, sia di impoverimento della fertilità del suolo. La monosuccessione favorisce attacchi fungini (mal del piede e fusariosi) e competizione con le infestanti. Il grano, come già accennato, si inserisce nella rotazione in successione alle colture cosiddette miglioratrici e da rinnovo, in quanto lasciano nel terreno una notevole fertilità residua, associata all’azione rinettante sulla flora infestante.

Tabella 3
Colture Effetto che esplicano nell’ambito della successione.
 Miglioratrici Sono definite tali, le specie che lasciano nel terreno una fertilità residua più alta, come le leguminose, in virtù della capacità di fissare l’azoto nel terreno in forma organica (fava, favino, veccia, trifoglio, pisello).
Da rinnovo o Preparatrici Sono le specie che lasciano il terreno più fertile per le cure colturali che queste richiedono, quali preparazione accurate del terreno per la semina o il trapianto, abbondanti fertilizzazioni, sarchiature per il controllo delle infestanti e apporto di sostanza organica al terreno con l’interramento dei residui della coltivazione (pomodoro, patata, barbabietola).
 Sfruttanti o Depauperanti Le specie che lasciano il terreno meno fertile dopo la loro coltivazione (frumento, orzo, avena).

Le leguminose da granella e foraggere, rappresentano un’ottima soluzione di colture miglioratrici, fondamentali per il sostegno della coltivazione del grano duro. specie se si tratta di terreni marginali. Le azioni che le leguminose esplicano con la loro coltivazione sono:

  • apporto di sostanza organica e azoto;
  • miglioramento della struttura del terreno;
  • recupero e utilizzo della fertilità profonda del terreno, grazie all’apparato radicale profondo e robusto;
  • maggiore stimolo dell’attività microbica;
  • inoltre con l’interramento dei residui colturali si favorisce la mobilizzazione di elementi minerali poco mobili come il P (fosforo) e K (potassio).

In Sicilia, la fava,  la lenticchia e la cicerchia sono le leguminose da granella da sempre utilizzate nella precessione al grano duro.

Tra le foraggere annuali (erbai), nei nostri ambienti, il favino, le veccie, i trifogli e il pisello rappresentano una buona soluzione, per la loro adattabilità alle condizioni di coltivazione. Tra le foraggere pluriennali (prati) quelle che si adattano meglio sono: la sulla e la lupinella, mentre l’erba medica è meno indicata per il suo notevole fabbisogno idrico. Tra le colture da rinnovo, il pomodoro, la patata e la barbabietola, sono quelle che possono essere coltivate negli ambienti pugliesi, prima del grano duro. Infatti il cereale trae vantaggio dalle accurate cure colturali che le colture da rinnovo richiedono, quali:

  • accurata preparazione del letto di semina;
  • fertilizzazioni abbondanti;
  • frequenti sarchiature per il contenimento delle infestanti;
  • apporto di sostanza organica dovuto all’interramento dei residui colturali.

Aspetto importante è il rispetto dei tempi di ritorno del grano duro sullo stesso terreno. I tempi devono essere sufficientemente ampi per evitare il depauperamento della fertilità dei suoli e creare condizioni favorevoli allo sviluppo di malattie e infestanti. Per tale motivo è sconsigliata anche la successione con orzo o avena (specie affini e più rustiche) da adottare solo in terreni fertili e rotazioni ampie.

Consociazione

Il ricorso alla consociazione, seppur poco utilizzata nei nostri ambienti, è una pratica agronomica consigliata in agricoltura biologica per i suoi effetti positivi sulla coltivazione del grano. A riguardo sono state realizzate consociazioni tra grano e leguminosa in particolare con il trifoglio sotterraneo, autoriseminante. Tale consociazione richiede la semina del frumento duro a file binate ( distanze di 12 cm sulle bine e di 37 cm tra le bine) e la semina del trifoglio tra le bine. La semina viene eseguita contemporaneamente in autunno, utilizzando per entrambe le specie una quantità di seme ridotta della metà, rispetto alla quantità utilizzata in coltura pura. A fine ciclo il grano si trebbia, mentre il trifoglio rimane in campo per ripartire in autunno. I vantaggi di questa consociazione sono notevoli:

  • elevata disponibilità per il frumento di elementi nutritivi, in particolare l’azoto che attraverso il processo di fissazione tra la leguminosa e i batteri simbionti azoto-fissatori, rimane nel terreno;
  • efficace controllo delle infestanti in quanto il terreno rimane coperto per l’intero periodo estivo dai residui colturali del trifoglio, che in autunno con la ripresa delle piogge riprende a vegetare coprendo totalmente il terreno e può essere utilizzato per il sovescio o il pascolo.
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